“MISSIONE BATOCIO”: UNA COLLABORAZIONE TRA IL GRUPPO GROTTE DELLA XXX OTTOBRE E IL DIPARTIMENTO DI GEOLOGIA DELL’UNIVERSTÀDI TRIESTE PER LA RICERCA SCIENTIFICA
Quando sentiamo parlare di Speleologia, si pensa prettamente all’attività sportiva, all’escursione in cavità sotterranee lungo percorsi tortuosi, ai lunghi e vertiginosi pozzi da risalire in corda, alle esplorazioni senza fine nei meandri più nascosti…Ma non tutti si ricordano, e pochi sanno, che la speleologia è nata principalmente per la ricerca scientifica, o meglio ancora per andare a ricercare quella fonte essenziale per la nostra vita…l’acqua! Le prime esplorazioni e i primi studi iniziarono circa a metà dell’Ottocento proprio sul territorio carsico Triestino e Sloveno, allo scopo di cercare possibili fonti d’acqua sfruttabili ad uso urbano. Oggi lo studio dei sistemi idrici sotterranei continua, al fine di capire il comportamento, le dinamiche di questo complesso sistema di canali sotterranei e le leggi che lo governano. Tanto si è capito ma tanto c’è ancora da scoprire.
Le collaborazioni tra enti di ricerca e i vari gruppi speleologici presenti sul territorio sono un elemento fondamentale per questo tipo di studi, soprattutto per garantire un veloce e facile accesso ai siti sotterranei d’interesse e l’installazione dei strumenti di monitoraggio delle acque di falda. Un esempio di applicazione di questa attività sportiva alla ricerca scientifica è quella tutt’ora esistente tra il Dipartimento di Geologia dell’Università di Trieste e il Gruppo Grotte della XXX Ottobre, nata il 1999 dopo che il Dipartimento di Geoscienze (così chiamato al tempo) ha deciso di installare in fondo alla Grotta Lindner una sonda per il monitoraggio della falda (il cosiddetto “Batocio”). Questo strumento non è altro che un cilindro forato (foto) con dei specifici sensori in grado di acquisire in continuo dati di pressione (utili a stimare il livello idrico della falda) e monitorare i parametri fisico-chimici (monitorati dal 2004), quali principalmente la temperatura dell’acqua e la conducibilità elettrica (indice del grado di ioni disciolti in soluzione). Lo scopo di questi studi (spiega Barbara Grillo nel suo precedente articolo “Monitoraggio della falda nella grotta Lindner, 2013”) è quello definire la vulnerabilità e la potenzialità delle riserve idriche contenute nell’idrostruttura del Carso Classico (Casagrande & Zini, 2004) e inoltre capire qual è la relazione esistente tra le piene del Timavo e la falda presente sul fondo della Grotta Lindner. Come viene descritto sul catasto regionale “la Grotta Lindner si apre a 179 m di quota con sviluppo complessivo di 825 m e consiste in una unica galleria discendente, a tratti anche molto ampia.A circa metà della caverna principale, fra blocchi di frana calcificati, si raggiunge l’imbocco del pozzo P30. Scendendolo si raggiungono i rami inferiori che conducono alla massima profondità (177,5 m appena due metri sopra il livello del mare) e si arriva alla partenza di uno scivolo concrezionato che immette direttamente nel pozzo successivo di profondità 30m, ultimo salto della cavità ed intervallato da un ripiano a 16m dal fondo. Alla sua base sono visibili la “campana” e parte dei cavi posti in opera per eseguire le misurazioni delle variazioni del livello delle acque di base”. Come racconta Barbara Grillo “la cavità è interessata da periodici innalzamenti dell’acqua di base sia alla fine del ramo principale a 9 m s.l.m., sia al fondo della diramazione verticale che si diparte a metà della galleria stessa a circa 2 m s.l.m. Gemiti e Milani, (1977) hanno già dimostrato come questi innalzamenti siano in stretta relazione con il regime delle acque alle foci del Timavo, poste a 6,8 km di distanza dal fondo della cavità e storicamente note come principale via di drenaggio delle acque provenienti dal bacino infiltrativo del Carso Classico (Galli, 2000). Nel maggio del 1982 la grotta è stata oggetto di un test di tracciamento. Il tracciante è uscito alle Foci del Timavo dopo quasi 10 giorni con una velocità apparente di 30 m/h (Gemiti & Merlak, 2005; Galli, 2012)”. Nei primi anni di studi (1999-2012) sono state fatte le prime considerazioni riguardo le dinamiche di falda alla base della grotta Lindner. “Il fondo della grotta non sembra essere interessata da flussi di acqua di base e si riscontra la presenza solo nei periodi più piovosi e l’influenza diretta delle piene delle Foci” (Grillo B, 2013). Secondo prime analisi “la cavità sembra comportarsi come un “troppo pieno”, in quanto la crescita del livello non è dipendente dalle precipitazioni locali e non si rilevano direzioni di flusso prevalente delle acque (Casagrande e Zini,2005). L’altezza massima finora registrata è di 28 m nel dicembre 2010.
La grotta Lindner è solo una delle altre 9 grotte che fanno parte di questa rete di monitoraggio. Attualmente sono anche monitorate la grotta di San Canziano, l’Antro di Bagnoli, la Caverna presso Comarie, l’Abisso di Trebiciano, la Grotta Gigante, l’Abisso di Rupingrande, la Grotta Lazzaro Jerko e l’Abisso Samar. I dati raccolti alla Grotta Lindner successivi l’anno 2012 non sono ancora stati analizzati e il confronto con i dati degli altri punti di monitoraggio è tutt’ora da fare. Si possono fare delle considerazioni iniziali, per quanto riguarda la falda della Grotta Lindner, osservando i grafici in cui vengono rappresentati gli andamenti (primo grafico in alto) del livello di falda e dei parametri chimico fisici (temperatura nel mezzo, conducibilità elettrica in basso).
Nel mese di febbraio 2014 si è raggiunta nuovamente l’altezza massima di 28 m.s.l.m.m già osservata nel dicembre 2010. Valore simile (circa 27 metri) lo si ritrova a dicembre 2017. Questi innalzamenti del livello di falda sono dovuti a eventi pluviometrici di una certa intensità, per cui le “nuove” acque superficiali infiltrandosi nel terreno raggiugono il sistema carsico sotterraneo e ne alterano l’equilibrio.
Per quanto riguarda la temperatura media è evidente come questa dal 2011 ad oggi sia aumentata costantemente, da circa 13° a quasi 17°, un dato sicuramente rilevante visto anche il breve periodo in cui questo è variato. In concomitanza di eventi piovosi le acqua fredde dalla superficie vanno ad abbassare la temperatura dell’acqua di falda (anche di quasi 4 gradi come in febbraio2014).
Lamineralizzazione media è elevata, indice di acqua maggiormente a contatto con la roccia, quindi di una falda di ampie dimensioni e a circolazione più lenta in questa zona (B. Grillo, 2013). Si osserva, nel periodo di monitoraggio (ottobre 2011 – febbraio 2018), come ad eventi piovosi corrisponde un improvviso aumento della conducibilità elettrica. Questo indica come l’acqua piovana che si infiltra nel sistema carsico attacca aggressivamente la roccia, discioglie i minerali e prende in carico gli ioni in soluzione aumentando così il valore di conducibilità elettrica. Si possono verificare delle anomalie di misura (valori esageratamente alti); questi possono essere spiegate dal momento che la sonda non resta perennemente immersa in acqua ma può capitare, in un periodo di secca, che non sia a contatto con l’acqua di falda.
Queste sono tutte singole considerazioni (di chi ha scritto questo articolo) in merito alla falda monitorata nella Grotta Lindner, ma per ottenere risultati più esaustivi bisognerà confrontare il tutto con i dati delle altri grotte monitorate.
Le applicazioni di queste discipline sportive “estreme” alla ricerca scientifica nonostante siano tutt’ora attive sono oggi poco incentivate e pochi sanno delle grandi opportunità che offrono queste collaborazioni. Nel caso specifico, si può affermare che esistono bravi ricercatori ma con minime capacità tecniche per progredire a grandi profondità; dall’altro canto esistono bravi tecnici che riescono a raggiungere profondità eccezionali ma con scarse nozioni scientifiche. Sono poche le figure che al giorno d’oggi riescono a rispecchiare entrambe queste qualità, e tutt’ora è difficile formarne altre. Le collaborazioni tra gruppi e club alpini con le università non dovrebbe solo “limitarsi” alle missioni in sito, ma dovrebbero anche incentivare la formazione di nuove “figure professionali” con una buona base scientifica ed una preparazione tecnica adeguata per affrontare ambienti estremi (come ad esempio le grotte). L’informazione e la diffusione dell’esistenza di diversi gruppi all’interno del Club Alpino Italiano che organizzano corsi tecnici dovrebbe essere una priorità per gli enti di ricerca e diversi corsi universitari (quali Scienze Geologiche, Biologia, Fisica, Ingegneria ecc …), per dare l’opportunità ai giovani studenti e ricercatori di formarsi anche dal punto di vista tecnico e non solo scientifico. Confidiamo che questo obbiettivo venga presto raggiunto.