Un’ultima, facile arrampicata fra i massi di una frana ed ecco finalmente la luce del giorno. Ormai il più è fatto, resta solo da raggiungere l’auto. Fa freddo all’esterno, più che in grotta, ma non importa: siamo fuori! Fradicio, senza più neanche una briciola di cibo, le batterie della frontale in riserva, quale sollievo è più grande di sapere che manca poco, davvero poco…
In ogni avventura ci sono delle incognite, degli imprevisti; solo che bisogna stare attenti che le cose non sfuggano di mano. Nel nostro caso, il grande punto di domanda era il sifone a -1200, non per motivi esplorativi, però: questa volta sapevamo tutti cosa c’era oltre, ossia facili gallerie e poi l’ingresso basso della Mala Boka. Il vero dubbio era se lo avremmo trovato asciutto oppure allagato, vale a dire aperto oppure chiuso, senza vie di mezzo. Il piano era di entrare dal BC4, ingresso situato a 1700 metri di quota, percorrere diversi chilometri nel ventre della montagna e sbucare allegramente in fondo valle, a pochi passi dal baretto di Bovec. Che meraviglia! Solo discesa: il sogno di ogni speleologo! Solo che, quando si organizza una traversata di questo genere, è bene essere assolutamente sicuri che sia interamente percorribile, in modo da non trovarsi bloccati da uno specchio d’acqua a pochi metri dall’uscita. Per questo, qualche giorno prima avevamo mandato Roli, il nostro ‘local’, a controllare che questo periodo di siccità avesse effettivamente permesso al fatidico sifone di prosciugarsi.
Sabato a ora di pranzo siamo all’ingresso del BC4; giornata splendida. Tiriamo fuori i panini e con calma iniziamo a vestirci. Piccolo problema: non gira aria. Manca quel vento sotterraneo dovuto alla differenza di temperatura tra esterno e interno, che in questa grotta era sempre stato intenso. Brutto segno: potrebbe esserci qualcosa che impedisce il ricircolo; il pensiero di tutti va al famoso sifone.
– Sei sicuro che il passaggio sia aperto? Lo hai visto con i tuoi occhi? – chiediamo a Roli
– Beh, non proprio, non sono arrivato fin là…ma c’era giro d’aria, magari non tanto ma c’era…
Cominciamo bene! Però, ormai che siamo qua entriamo, incrociando le dita.
I primi 900 metri di dislivello sono su pozzi, e scorrono veloci sui nostri discensori. Persino la temuta strettoia ‘Nutella killer’ non ci mette in difficoltà, e in poche ore siamo a ‘BC Beach’: luogo che si presta per una breve pausa con tè e biscotti.
– Adesso ci aspettano più o meno cinque ore di gallerie e meandri per arrivare al campo – speiga Rok, la nostra ‘guida’.
Certo che dal rilievo non sembrava così lontano: possibile che ci voglia tanto? Effettivamente, però, le distanze in grotta vogliono dire poco. I passaggi che ci portano verso il campo sono molto vari e non sempre agevoli: ora comode gallerie in cui camminare, ora strette condotte da percorrere a carponi; facili ‘saltini’ da fare in corda si alternano a fastidiose risalite non sempre attrezzate. Infatti la previsione si è dimostrata corretta, quindi per ora di cena ci troviamo davanti a un ammasso di teli termici e materassini che un tempo faceva da bivacco. Qui ci si può rifocillare con del tè fumante e, per chi se l’è portata, una buona minestrina primavera, mentre gli sprovveduti si accontenteranno del loro misero panino, mendicando di tanto in tanto un boccone caldo! La stanchezza comincia a farsi sentire, perciò siamo tutti d’accordo di sonnecchiare un paio d’ore prima di proseguire. Tuttavia il freddo non aiuta, verso le due siamo tutti in piedi: cercar di dormire a 1ºC senza sacco a pelo è una causa persa, quindi altro tè bollente e andiamo avanti.
Una serie di affascinanti gallerie intercetta il ruscello del ramo attivo principale, che dobbiamo seguire per un lungo tratto. I meandri scavati dall’acqua hanno sempre un fascino speciale, non si sa mai cosa si nasconde dietro a ogni curva: forse un laghetto, forse una cascatina, o forse semplicemente il torrente che scorre sinuoso nel letto di roccia da lui stesso sagomato. Tuttavia, la progressione non è affatto banale: farsi un bagnetto in quest’acqua gelida non dev’essere piacevole, quindi dobbiamo ricorrere a varie acrobazie e contorsionismi per evitare di finirci dentro. Non è raro trovarsi a diversi metri sopra il fiume, quasi in spaccata tra le pareti del meandro, magari con un crampo all’inguine, sperando che il piede non scivoli proprio adesso…
– In certi punti farebbe comodo una corda…- fa notare Beccuccio, pensando fra sè: “…metti che ci tocca a rifarla in salita…” Così, con tale abbondanza di armi naturali, come non approfittare della comodità di una calata!
Ora abbandoniamo questo ramo per affrontare la parte peggiore: un’interminabile laminatoio alto meno di mezzo metro, dove quando sei fortunato riesci a gattonare, altrimenti tocca strisciare, menando il sacco un po’ davanti e un po’ di fianco, nel vano tentativo di convincerlo a seguirti. Per un attimo riconquistiamo la posizione eretta, ma adesso viene il bis: ancora più lungo, ancora più impestato, un continuo risucchio di energie. È proprio vero: il tempo vola quando ci si diverte; invece in questo tratto non passa mai!
– Avanti, avanti! Chi si ferma è perduto – ribadisce Davide. Effettivamente, a quest’ora della notte (per certi sarebbe già mattina), ogni piccola pausa è un’occasione per adagiare la testa e chiudere gli occhi, assaggiando per qualche istante i piaceri di Morfeo. Ma non ha senso fermarsi qui: è da due ore che ‘manca mezz’ora’ al punto chiave della traversata, forse adesso ci siamo veramente.
La tensione sale mentre Rok scende l’ultimo pozzo prima del sifone: intanto mi rendo tragicamente conto che, se lo trovassimo davvero allagato, avrei realisticamente più probabilità di sopravvivere tentando di superarlo in apnea senza muta nè maschera piuttosto che ripercorrere in salita l’intera grotta.
– SIFONE … APERTO – grida Rok dal fondo del pozzo: quale sollievo per tutti! Festeggio mangiandomi l’ultimo pezzo di marzapane rimasto, tanto ormai siamo praticamente fuori…no?! Beh, non proprio: ci attendono tre ore abbondanti di sali e scendi tra frane e gallerie che non finiscono più, senza contare i simpaticissimi laghetti che ostacolano il cammino. Nonostante le tirolesi, tentare di non bagnarsi è uno sforzo inutile: in questo modo potremo apprezzare meglio l’aria gelida dell’esterno!
Sono più o meno le dieci di mattina quando usciamo; una rapida corsa e siamo all’auto. Tempo di cambiarsi e ci fiondiamo nel solito bar in centro, dove possiamo tirare le somme della lunga giornata, coccolati dal tepore del locale. Rok, Roli, Marjan, Beccuccio, Davide e il sottoscritto siamo tutti evidentemente soddisfatti del giro nelle viscere del Kanin, entusiasti di organizzare altre simili imprese, ancora più lunghe, ancora più impegnative, ma solo dopo una bella dormita!
Alberto Dal Maso